Francesco Sacco
Psicologo E psicoterapeuta Cognitivo
“L’umiltà è la nostra vera natura, ci rende consapevoli che non siamo al centro di ogni cosa, ma parte di una realtà molto più vasta. Riconosce che siamo stelle luminose che brillano in un infinito universo pieno di altre stelle. Riconosce come tutti gli esseri su questa terra siano sullo stesso piano, preziosi, unici, ognuno con il suo compito e il suo destino. Mentre l’ego ci spinge ad apparire, l’umiltà ci spinge a essere.”
(C. Debiasi, 2022)
Psicologo e Psicoterapeuta FSP ad orientamento cognitivo, riconosciuto a livello federale. Le mie prestazioni terapeutiche sono quindi riconosciute dalle assicurazioni complementari delle Assicurazioni Malattia (LCA), dall’AI e dalla assicurazione di base (LAMal). Sono formato anche secondo il metodo E.M.D.R (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) e in Psicoterapia Sensomotoria (II).

La mia storia professionale:
Il mio percorso formativo e professionale mi ha portato a specializzarmi nell’ambito del trattamento individuale di giovani adulti (dalla maggiore età), adulti, anziani e coppie.
Aree di intervento:
- cura e prevenzione del disturbo da attacchi di panico,
- disturbi d’ansia,
- disturbi dell’umore,
- disturbi traumatici,
- disturbi di personalità,
- problematiche relazionali e affettive.
In qualità di psicologo neuropsicologo il mio intervento è rivolto anche a coloro che hanno subito una lesione cerebrale di qualsiasi natura (es. traumi cranici, ictus, malattie degenerative, ecc.) e, in caso di necessità, anche dei loro familiari.
Il modello teorico a cui faccio riferimento considera centrali le relazioni affettive personali con le figure di riferimento significative. Queste relazioni affettive hanno un’importanza e un ruolo nello sviluppo e nel mantenimento dell’identità personale o della personalità di ognuno di noi. Inoltre, prendendo le mosse dalla riflessione fenomenologica, la persona è vista come un chi che vive la propria esperienza emotivamente situata in un preciso contesto di riferimento. Si tratta di cogliere come si è presenti a se stessi nella propria quotidianità, nell’esperienza effettiva del vivere e nell’avere a che fare con il mondo. L’obiettivo terapeutico è riappropriarsi della propria emotività, mentre accade in questo o quel contesto, per ricostruire una trama narrativa di sé coerente con la propria storia.
MODELLO CLINICO DI LAVORO
I modelli teorici principali cui faccio riferimento per il mio intervento terapeutico sono il COGNITIVISMO POST-RAZIONALISTA, sviluppato da Vittorio Guidano (1944-1999) verso la fine degli anni ’80 e la TEORIA DELL’ATTACCAMENTO, creata da John Bowlby (1907-1990) tra gli anni ’50 e ’60. Inoltre, faccio riferimento all’approccio teorico della FENOMENOLOGIA ERMENEUTICA che rappresenta un’evoluzione del modello cognitivo post-razionalista italiano (Arciero 1989, 2006; Arciero & Bondolfi 2009, Liccione 2011). Prendendo le mosse dalla riflessione fenomenologia, la persona é vista non più in terza persona (un soggetto riconducibile a modelli di comportamento precostituiti e generalizzabili) ma come un chi che vive la propria esperienza emotivamente situato in un preciso contesto di riferimento (Ricoeur, 2004). Non si tratta più di trovare senso di ciò che accade attraverso un atto di riflessione, ma di cogliere il come si è presenti a se stessi nella propria quotidianità, nell’esperienza effettiva del vivere e nell’avere a che fare con il mondo. L’obiettivo terapeutico è riappropriarsi della propria emotività mentre accade in questo o quel contesto per ricostruire una trama narrativa di sé coerente con la propria storia.
Il riferimento a questi modelli scientifici permette, all’interno della relazione terapeutica, di comprendere il momento di difficoltà in cui si trova la persona e di impostare un intervento personalizzato che miri al raggiungimento di un progressivo benessere non creando dipendenza dal terapeuta ma, al contrario, rendendo la persona più consapevole e fiduciosa nelle proprie risorse.
“MODELLO COGNITIVO POST-RAZIONALISTA”
Il modello cognitivo post-razionalista viene sviluppato ad opera di Vittorio Guidano partendo da un programma di ricerca che mirava a dotare le terapie cognitivo-comportamentali di una teoria dello sviluppo e della struttura umana che fossero capaci di spiegare come i contenuti di conoscenza (credenze aspettative, significati) avessero origine e come si organizzassero fra loro. Il sogno di Guidano era rifondare la psicologia clinica come scienza del significato personale.
Il post-razionalismo non è in antitesi con il pensiero razionale, e non ignora il ragionamento logico come un aspetto fondamentale per dare significato all’esperienza umana, ma sostiene che la razionalità è solo una parte della conoscenza. La conoscenza è invece in gran parte emotiva ed ha anche dei tratti sensoriali, percettivi, motori e comportamentali. Il ragionamento logico non è quindi quello principale, non è l’unico processo che dirige l’attività umana, ma soltanto uno degli strumenti della coscienza. Il termine post-razionalismo indica quindi l’oltrepassamento del pensiero razionalista, il cambiamento di metodo nel “fare” la psicoterapia e il fare riferimento alle scienze scientifico-naturali.
Il post-razionalismo prende le distanze in merito alla definizione di una realtà esterna unica e stabile, capace di rivelarsi alla ragione e alla logica, come conoscenza oggettiva, indipendente dal soggetto che ne fa esperienza. Per Guidano non esiste una realtà, un universo valido per tutti, ma una realtà “multiversa” costruita attivamente dall’osservatore, secondo regole che assicurino identità, unicità e continuità dell’individuo nelle sue esperienze nell’arco della vita.
La storia delle interazioni, e in particolare delle interazioni significative (es. la relazione genitore-bambino, le dinamiche affettive lungo tutto il ciclo della vita, ecc.) definisce lo spazio in cui si costruisce e si articola il significato personale di ogni essere umano. Nella sua opera Guidano pone l’enfasi sulla dimensione evolutiva della conoscenza. In un’ottica evolutiva la comprensione del comportamento umano è possibile solo attraverso la ricostruzione della continuità e coerenza dei suoi processi di sviluppo, di come tali processi diano luogo a specifiche organizzazioni conoscitive individuali, e di come tali organizzazioni, se sbilanciate, possano produrre lungo il ciclo di vita individuale quei particolari quadri patologici definiti disturbi clinici.
All’interno del suo modello Guidano ha introdotto il nuovo concetto di Organizzazione Cognitiva Personale che diventerà poi Organizzazione di Significato Personale, e ancora, Organizzazione del Dominio Emotivo, intendendo per questa: “…uno specifico assemblaggio dei processi sottendenti l’elaborazione del significato personale grazie al quale ciascun individuo, pur sperimentando numerose trasformazioni nel corso del suo ciclo di vita, mantiene sempre il suo senso di unicità personale e di continuità storica.” (Guidano, 1988). Sulla base di tale concetto Guidano ha poi sviluppato l’approccio applicativo psicoterapeutico.
Ognuno di noi ha uno stile cognitivo ed affettivo, sicuramente personale ma inquadrabile, secondo alcune caratteristiche, nelle organizzazioni di personalità (alcune persone sono più timorose dei rapporti interpersonali, altre più autoriflessive, altre più rivolte all’esterno, ecc.),che definiscono quindi delle modalità di “funzionamento psicologico” normali. Guidano ha individuato e descritto 4 organizzazioni di significato personale [la “organizzazione tipo disturbi alimentari psicogeni (DAP)”, la “organizzazione fobica (FOB)”, la “organizzazione ossessiva (OSS)” e la “organizzazione depressiva (DEP)], individuate da caratteristici pattern emotivi ricorrenti e da uno specifico modo di leggere la propria esperienza interna e interpersonale. Sebbene tali organizzazioni cognitive personali siano state definite soprattutto in relazione ai disturbi clinici che possono produrre, esse sono riscontrabile anche nei soggetti normali.
“TEORIA DELL’ATTACCAMENTO”
La teoria dell’attaccamento nasce e si sviluppa in un contesto psicoanalitico ad opera di John Bowlby. Fu tra il 1958 ed il 1963 che Bowlby pubblicò una serie di lavori cominciando a formulare i lineamenti principali della sua teoria, mosso dal desiderio di rivedere le parti della teoria psicoanalitica che risultavano più datate e meno convincenti dal punto di vista scientifico, quelle più legate ad una visione energetica del funzionamento mentale, alla luce delle conoscenze biologico-etologiche provenienti dai lavori sperimentali di Lorenz sull’imprinting (1949) e di Harlow sugli effetti che la privazione di cure materne aveva sulle scimmie rhesus (1958).
La teoria dell’attaccamento di Bowlby è una teoria sullo sviluppo infantile che considera la propensione a stringere relazioni emotive con particolari individui come una componente di base della natura umana, già presente in forma germinale nel neonato e che permane durante la vita adulta e la vecchiaia. L’”attaccamento” si basa su meccanismi cerebrali innati che spingono il bambino a cercare la vicinanza dei genitori per avere da loro la protezione. La teoria dell’attaccamento è quindi una teoria sulla protezione dal pericolo che tenta di spiegare sia il comportamento di attaccamento, con il suo episodico manifestarsi e scomparire, sia l’attaccamento duraturo che i bambini e successivamente gli adulti hanno nei confronti di altri individui specifici. La particolare importanza del sistema di attaccamento consiste nel fatto che le sue funzioni non si esauriscono nell’infanzia ma, con scopi diversi, accompagnano l’uomo per tutta la vita. Quando ad esempio una persona attraversa periodi particolarmente difficili tende a cercare la compagnia di poche “figure di attaccamento” selezionate (es. amici, insegnanti, mogli, mariti, ecc.) per trovare in loro sostegno, conforto e consiglio.
Lo studio dei processi di attaccamento è stato uno dei temi fondamentali per l’evoluzione verso il cognitivismo post-razionalista. Una delle caratteristiche dell’attaccamento nel sistema umano è che si tratta di un processo autoreferenziale che permette di costruire un senso di sé consistente, stabile e continuo nel tempo. La spiegazione del perché l’attaccamento sia il processo a partire dal quale si costruisca il senso di sé, lo possiamo desumere dalle parole di Karl Popper: “da dove un bambino prende le informazioni più importanti per vedersi come persona e per sapere chi è?. Non le potrà ottenere semplicemente attraverso le sue osservazioni, ma solo a partire dall’atteggiamento dei suoi genitori, dal modo con il quale si relazionano con lui ed esprimono le loro emozioni nei suoi confronti”.
La funzione principale dei genitori, o delle figure di riferimento, è quella di fornire al bambino una base sicura, vale a dire “la base da cui un bambino o un adolescente possa partire per affacciarsi nel mondo esterno e a cui possa ritornare sapendo per certo che sarà il benvenuto, nutrito sul piano fisico ed emotivo, confortato se triste, rassicurato se spaventato” (Bowlby).
La modalità di interazione genitori-bambino determina lo stile d’attaccamento e tale stile determinerà le interazioni e gli scambi relazionali e affettivi nella vita adulta. L’infante non si differenzia dai suoi genitori, è in una specie di stato indifferenziato (simbiosi) con loro. Malgrado ciò, alla fine del primo anno si assiste al fenomeno chiamato da Piaget “permanenza dell’oggetto”: gli oggetti esistono nonostante siano scomparsi dal campo visivo. Verso i due anni e mezzo di età il bambino ha un atteggiamento verso i genitori di maggiore costanza e stabilità e, a quest’età, vengono descritte le categorie di attaccamento: sicuro, evitante, ambivalente.
“CENNI STORICI: sulla nascita del cognitivismo”
Il cognitivismo nasce direttamente dal comportamentismo. Negli anni ’50 il paradigma e le terapie comportamentiste ebbero grandi successi ma, nonostante ciò, a metà degli anni ’70 iniziò una crisi epistemologica causata dal fatto che la teoria di riferimento del tipo stimolo-risposta (la mente era considerata come qualcosa di non necessario e ciò che veniva ritenuto importante era solo la correlazione tra stimoli ambientali e risposte comportamentali) era troppo semplice e non spiegava in maniera sufficientemente chiaro né i successi né gli insuccessi.
L’origine del cognitivismo sta nell’introduzione di una variabile intermedia tra lo stimolo e la risposta: l’organismo. Tale cambiamento permise di considerare, per la prima volta, i fenomeni mentali. Veniva quindi asserito che lo stimolo ambientale in sé non causava una risposta comportamentale, ma doveva passare nella mente, dove si elaborava la risposta.
Nell’ambito del cognitivismo, nella seconda metà degli anni ’70, inizia una distinzione per quanto riguarda il modo di concepire la mente umana: concezioni opposte dal punto di vista epistemologico. Jerome Bruner ha descritto questo processo detto rivoluzione cognitiva, differenziandolo in due gruppi. Nel primo la mente è concepita come un processore di informazioni, e ciò sta alla base dell’epistemologia razionalista. Nella seconda concezione la mente viene invece intesa come costruttrice di significati: questa è la concezione propriamente costruttivista e post-razionalista sviluppata da Vittorio Guidano.
Il significato è ciò che da un senso di continuità alla nostra vita, non è una corrispondenza logica tra le parole e le cose del mondo, ma è il sentirci sempre noi stessi in tutta la nostra esperienza.